“SPEER Architettura e|è potere” : il LIBRO!

SPEER Architettura e|è potere

(di Kristian Fabbri ISBN 9788867640829 €.14.00)

è stato pubblicato dalla Casa Editrice LIBRIA, una piccola casa editrice specializzata in architettura che si è avventurata anche nel teatro.

Il Volume contiene il testo integrale del monologo, dal quale è stato tratto lo spettacolo prodotto da Gli Eredi, e due brevi post-fazioni sulla figura dell’architetto Albert Speer (di M.Antonicci e S.Nannini) e sul rapporto tra architettura a potere (di I.Tolic)

Modalità per l’acquisto:

1 – Direttamente presso la CASA EDITRICE LIBRIA, tel_fax +39 (0)972 236054 o mandando una e-mail a: ed.libria@gmail.com

http://www.librianet.it/contatti.php

2 – attraverso INTERNET nei siti di acquisto libri online:

http://www.ibs.it/code/9788867640829/scheda/libro.html

https://www.libroco.it/dl/Fabbri-Kristian/Libria/9788867640829/Speer-L-architettura-e%7Ce-potere/cw996263184580512.html

3 – ORDINANDO direttamente nella propria libreria di fiducia! In questo modo si fanno due azioni buone: la prima è che fate coprire la Casa Editrice al vostro librario (se non la conosce già) e la seconda riguarda il libro, dato che le librerie – di solito – ordinano due copie, una per il cliente l’altra da tenere in esposizione, così che altre persone possano vederlo, sfogliarlo e conoscere casa editrice.

***

La pubblicazione del monologo, oltre a rendermi felice, mi consente di fare alcuni ringraziamenti:

  • prima di tutto ringrazio l’editore, Antonio Carbone, dopo la proposta nella prima telefonata mi ha detto “… guarda che noi siamo piccoli, … se trovi un’altra casa editrice più grande va bene lo stesso, … l’importante è che i libri vadano per il mondo, non so se altre Case Editrici l’avrebbero pubblicato, ma dopo una frase cosi, … come fai a resistere;
  • ringrazio Gli Eredi, Ettore, per averlo letto per primo ed averlo fatto proprio, e poi, con Benoit e Sara, per averlo portato in scena;
  • ringrazio Micaela Antonucci e Sofia Nannini (post-fazione Albert:Speer sul costruire e distruggere) e Ines Tolic (L’architettura è un dialogo a tre voci) i loro contributi riescono a fornire al lettore il contesto nel quale si muove la figura drammaturgica del monologo.

In ultimo – last but not listringrazio i lettori, o chi vorrà parlare, pubblicizzare, divulgare, diffondere, condividere il post, etc. resto fermamente convinto che parlare, conoscere, discutere anche su cose terribili, faccia crescere.

Viva l’architettura!

Viva il teatro!

dalla quarta di copertina:
Il monologo, ispirato ai Diari segreti di Spandau scritti durante i vent’anni di carcere da Albert Speer, l’architetto di Hitler, l’uomo che ha modellato le sue monumentali ambizioni architettoniche, racconta la sua colpa e cerca di coinvolgere gli spettatori in una sentenza che potrebbe ricadere su di loro. Speer rappresenta una figura drammaturgica ambigua, bifronte: da un lato l’arte, la tecnica, la responsabilità della bellezza e dell’eternità, dall’altro il fascino del potere, l’ottusità dei propri desideri, la convinzione di operare per la bellezza come fine ultimo e bene supremo”.

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Lo spettacolo SPEER premiato: Premio SIPARIO – Sezione Carlo Terron

Premio SIPARIO – Sezione Carlo Terron

Il testo dello spettacolo SPEER Architettura e|è potere, ha vinto il
PREMIO AUTORI ITALIANI – 2015 PREMIO FONDAZIONE TEATRO CARLO TERRON – Sezione Monologhi,

organizzato dalla rivista di teatro Sipario, mensile che dal 1946 si occupa di teatro, balletto, opera lirica, cinema, scenografia, televisione, arti visive e alla pubblicazione di nuoviSIPARIO - PREMIO CARLO TERRON testi teatrali. (wikipedia).

Il testo è stato selezionato tra gli oltre 800 testi teatrali presentati al premio, ed ha vinto con la seguente motivazione:

“L’autore Kristian Fabbri nella sua veste di drammaturgo e architetto professionista, nel ricostruire la condanna di Albert Speer, architetto di fiducia di Adolf Hitler, l’unico capace di opporsi al dittatore, sostiene, che l’Architettura accompagnerà sempre il potere, e ciò è storicamente provato. Inoltre ci mostra un personaggio che vuol far valere sempre le sue ragioni, con un monologo costruito su una documentazione personale di Albert Speer.”

Il premio è stato ricevuto dall’autore, Kristian Fabbri, direttamente dagli attori Franca Nuti e Ferruccio Solari, lo storico Arlecchino i Giorgio Strehler, alla presenza del Direttore della rivista Mario Mattia Giorgetti.

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SPEER Architettura e|è potere

SPEER Architettura e|è potere

 

Testo di: Kristian Fabbri | Con: Ettore Nicoletti | Regia: Benôit Felix-Lombard | 

“L’architecture actuelle s’occupe de la maison, de la maison ordinaire et courante pour hommes normaux et courants.  Elle laisse tomber les palais. Voilà un signe des temps” Le Corbusier, in Vers l’architecture – 1924

“Non vi fidate degli architetti che non leggono” Kristian Fabbri, in Speer – 2015

Ironia della Storia, meno di dieci anni dopo le parole di Le Corbusier, Albert Speer inizierà a modellare le monumentali ambizioni architettoniche di Hitler.

Cos’è rimasto?

Poco o nulla. Ironia della Storia, per il più potente architetto del XX secolo. Durante i suoi 20 anni di carcere, Speer, disegnerà ciò che le generazioni future si ricorderanno di lui: la vita, il lavoro, i compromessi ed il rapporto faustiano con la figura del male e della tecnica.

Cos’è rimasto?

Un dubbio. Una colpa morale.

E un silenzio pesante fra le parole.

Una struttura-palco delle dimensioni di una cella, alcuni accessori e la musica come colonna vertebrale. Un monologo per rivelare il non detto: l’architetto e il suo potere sulle cose in cui abitiamo.

L’architetto e il potere sulla volontà.

 

Prova aperta: Sabato 26 settembre 2015 ore 21.00 : CESENA : c/o Festa dell’Architettura : Biblioteca Malatestiana – SALA LIGNEA

Ingresso Gratuito, posti limitati. E’ consigliata la prenotazione: 3478833862 

Replica

Domenica 11 Ottobre 2015 ore 17.00 : FORLI’ : Inserito nel progetto europeo :ATRIUM: ROTTE CULTURALI EUROPEE “Forlì Citta del 900 il Festival” c/o Mostra Valle Ex Gil, Viale della Libertà 2 

Commento dell’Autore:

Avremo sempre bisogno degli Speer, potremo eliminare gli Hitler, gli Himmler, i violenti, si riescono ad eliminare, quando il popolo è oppresso, potremo eliminare i Goering, e la potenza di chi manipola il pensiero, la realtà ha una sua forza evidente, ma non riusciremo mai a liberarci degli Speer. Avremo sempre bisogno di chi costruisce, delle industrie, delle armi, delle torri di comunicazione, ed ogni dispositivo tecnico, della Tecnica che consente il bello e la vita, in tutte le sue forme, incluso la guerra.

Nel dopoguerra Albert Speer, architetto personale di Hitler e poi Ministro degli Armamenti della Germania Nazista durante la seconda guerra mondiale, fu più volte oggetto di interesse da parte del dibattito architettonico. In “Albert Speer e Marcello Piacentini. L’architettura del totalitarismo negli anni trenta”, S.Scarrocchia, riporta una lettera dell’architetto Richard Neutra ad Albert Speer del 1968: “Ciò che a me interessa particolarmente è il fatto che lei più di ogni altra persona che io conosca avrebbe qualcosa da dire sul difficile equilibrio tra circostanze ambientali, proprie di un contesto sociopolitico, e il potere o l’iniziativa di una volontà individuale. Si sente sempre dire che Pietro il Grande o Pericle o Augusto imperatore hanno esercitato un influsso sulla configurazione dell’ambiente! Ma come hanno scelto questi personaggi i loro decisivi architetti, ammesso che abbiano operato una tale scelta, e come sono stati influenzati da loro oppure che cosa produce tali mutazioni nella storia dell’architettura? Oppure ai tratta solo di favole!

La storia, il potere trovano dimora e memoria nelle opere degli architetti e dei costruttori, Parigi e la Torre Eiffel, il Golden Gate, il Colosseo, il Partenone, il Pantheon, il Trocadero, la Grande Muraglia, la Statua della Libertà, Suez, Panama, le Piramidi, grandi opere e grandi tecnici al servizio del potere, oppure il contrario: il potere al loro servizio e loro al servizio della propria missione: L’Architettura.

Albert Speer è una figura emblematica e sfuggente, dominato dalla propria ambizione, e divorato dalle crisi di coscienza. La sua figura è un pretesto drammaturgico per affrontare, nel monologo, i dubbi che riguardano gli architetti, i tecnici, gli uomini, nel loro rapporto con l’autorità. Albert Speer rappresenta un archetipo: è l’ultimo architetto il cui ruolo è comparabile con gli architetti dei faraoni, degli imperatori di Napoleone. Il giudizio sull’uomo Speer è dato dalla Storia e dal processo di Norimberga, ciò nonostante durante il periodo in carcere e negli anni successivi, così come nelle proprie memorie, ha sempre cercato di distinguere il proprio doppio ruolo di uomo – e gerarca nazista – per il quale accetta il giudizio di Norimberga ed il ruolo di Architetto, rispetto al quale non è stato giudicato. A differenza di altre figure che ambigue nel proprio rapporto con il regime nazista, come Heisenberg, Speer non rinnega se stesso, ma, come architetto cerca l’indulgenza della storia.

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How to use online surveys to understand human behaviour

Qualche tempo fa chiesi di partecipare ad un sondaggio online per conoscere le modalità di ventilazione degli appartamenti, ho impiegato del tempo, ma son riuscito a completare la ricerca ed a pubblicarla sulla rivista
Advances in Building Energy Research con il titolo “How to use online surveys to understand human behaviour concerning window opening in terms of building energy performance
JPG_Intestazione_ABE-Ventilation_2015
Questo Post è per RINGRAZIARE TUTTI i 510 partecipanti ed in particolare Silvia Bencivelli (and “SilviaBencivelli Effect“) senza la quale sarebbe stato più difficile.
GRAZIE !!!

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I am very proud to present my last work:

Indoor Thermal Comfort Perception

A Questionnaire Approach Focusing on Children

Kristian, Fabbri

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  • Presents an in-depth examination of children’s perceptions of indoor thermal comfort
  • Provides guidelines for creating questionnaires to assess those perceptions
  • Takes into account the psychological and pedagogical aspects of thermal comfort judgmen
Providing a methodology for evaluating indoor thermal comfort with a focus on children, this book presents an in-depth examination of children’s perceptions of comfort. Divided into two sections, it first presents a history of thermal comfort, the human body and environmental parameters, common thermal comfort indexes, and guidelines for creating questionnaires to assess children’s perceptions of indoor thermal comfort. It then describes their understanding of the concepts of comfort and energy, and the factors that influence that perception. In this context, it takes into account the psychological and pedagogical aspects of thermal comfort judgment, as well as architectural and environmental characteristics and equips readers with the knowledge needed to effectively investigate children’s perspectives on environmental ergonomics.
The research field of indoor thermal comfort adopts, on the one hand, physical parameter measurements and comfort indexes (e.g. Predicted Mean Vote (PMV) or adaptive comfort), and on the other, an ergonomic assessment in the form of questionnaires. However the latter can offer only limited insights into the issue of comfort, as children often use different terms than adults to convey their experience of thermal comfort. The books aims to address this lack of understanding with regard to children’s perceptions of indoor thermal comfort.
The book is intended for HVAC engineers and researchers, architects and researchers interested in thermal comfort and the built environment. It also provides a useful resource for environmental psychologists, medical and cognitive researchers.

 

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Libri al Fresco – La Biblioteca Malatestiana su Radio 3 Scienza

Mercoledì 10 giugno la trasmissione Radio3Scienza ha mandato in onda un servizio sulla Biblioteca Malatestiana di Cesena.

Qui il link alla pagina di Radio3Scienza

Qui il Podcast

Qui l’audio

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Triceratopo

TriceratopoDel battere il pugno sul tavolo: un sottotitolo che parla da sé, e forse, più che una dichiarazione esplicita della poetica di un autore, è l’espressione di un modo di agire, e reagire, nella vita, con rabbia, forse con durezza, ma soprattutto con disillusione.
Se la politica non riesce a cambiare la società, e la società a portare avanti una nuova generazione di politici, e se l’unica certezza che rimane assomiglia a un urlo nel deserto, i versi di Triceratopo, di Kristian Fabbri, sembrano una voce senza eco, aspra e tagliente, che non risuona ma vorrebbe comunque arrivare lontano.
E non potendo oltrepassare nessun paesaggio, si trasforma in paesaggio, fin nelle sue componenti essenziali, e in spazio, fatto di linee e di parole viaggianti, nel tentativo, remoto, di giungere all’orecchio di un “Dio qualunque”. Volgendo direttamente allo spirito, l’ultima lirica esprime, quasi, con ritrovata speranza:

“Beati i miti / ché erediteranno la terra / e la vorrei questa terra / così da visitarne ogni
paese, / l’eternità a scoprire ogni sasso / ogni albero divenuto forma / storia e coscienza / da mano d’uomo, / racconto d’oneri, / ed onori di quotidiane / soluzioni e diletto.”

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Drammaturgia Carnot

Carnot - FersenProva drammaturgica su Carnot,
cercasi compagnia teatrale

 

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La solitudine dell’architetto

Settimana scorsa si è svolta la Festa dell’Architettura a Forlì, meritoria iniziativa organizzata dagli Ordini degli Architetti di Rimini, nella quale sono stati coinvolti gli studi di architettura locali, così da mostrare alla cittadinanza quello che viene costruito, ristrutturato modificato nel territorio locale, una mostra locale, ed un dibattito incentrato anche sul consumo di suolo. Venerdì ho assisto ad una conferenza organizzata dagli Ordini degli Architetti di Rimini, dov’era presente MoDus Architetti che hanno illustrati i propri progetti.

L’introduzione dei crediti formativi ha, obtorto collo, aumentato le occasioni di confronto e conoscenza sul sull’architettura, sul fare architettura, sulle caratteristiche dell’architettura.

Oggi leggo questo articolo “DI OGM, spalline e direttori di giornale” che con l’architettura non ha nulla a che vedere, ma pone l’accetto sull’onesta intellettuale e su come gli argomenti, in questo caso relativi a fatti scientifici, sono “raccontati” dai giornalisti, da chi ha il compito di raggiungere tutti gli strati della cittadinanza. Il Dibattito sugli OGM ha, secondo me, forti connotazioni politiche, di visioni del mondo contrapposti, rispetto ai quali le questioni meramente scientifiche sono strumento, o pretesto, per l’una e l’altra visione. L’utilizzo di argomentazione scientifiche, con linguaggio scientifico, avvita la discussione tra gli specialisti.Vinceranno i fatti, come è successo con Galileo e con Planck.

Nell’ambito della mia professione, nell’ambito architettonico, noto lo stesso processo di avvitamento (o quantomeno il rischio di tale avvitamento) nel trattare e divulgare l’architettura. Alle mostre ed ai convegni di architettura partecipano gli architetti, che parlano di cose architettoniche in maniera architettosa, si affrontano i dettagli tecnici, la composizione, la riduzione dell’impatto, si usano terminologie-slogan “Rigenerazione”, “Riqualificazione”, ed anche “Riduzione del consumo di suolo”, “Consumo zero”,

e fuori da questo linguaggio specialistico, all’estasi dell’estetica, c’è la realtà e la chiusura.

La chiusura della discussione rispetto alle altre cose che accadono nel mondo e che hanno a che fare con l’architettura, le scelte politiche (con l’incapacità o difficoltà dei politici a comprendere il linguaggio architettonico che non gli è proprio), le ricadute nell’uso e trasformazione della città e del territorio dagli edifici, le possibilità tecniche, le relazioni con altre conoscenze scientifiche, tecniche, storiche,

così mentre MoDus descriveva un progetto di residenza per persone con malattie mentale, descriveva/raccontava i criteri progettuali, nel racconto non vi erano riferimento, correlazioni tra le proprie scelte con la malattia, le necessità dei malati, o come questi percepiscono la propriocezione della sequenza degli spazi, la discussione verteva esclusivamente su criteri estetici, eppure sono argomenti interessanti,

divagando con gli aneddoti,

alla Festa dell’architettura, nella mattina, è stato in alcune slide il progetto di Renzo Piano a Trento, il Quartiere le Albere,

ma quando ci sono stato ho notato che quasi tutte le piante sui balconi erano secche, gli impianti erano a vista all’estradosso nei solai al primo piano, ed il quartiere quasi disabitato; e nel pomeriggio un relatore, non ricordo chi, ha citato il progetto di Piano, affermando che le tipologie ed il taglio degli appartamenti del Quartiere non era quello che piaceva ai cittadini di Trento, ed i cittadini non li hanno comprati. Due frasi che hanno demolito l’intero discorso del relatore della mattina. Il progettista non aveva tenuto conto del contesto locale, una sola affermazione ha mostrato come la fiducia nella tecnica (lì dove in architettura la tecnica ha assunto una connotazione fortemente estetica, e non tecnica) non è sufficiente, e spiega la sensazione di abbandono che si ha visitando il quartiere. Bello, ma però ….

L’architettura (manteniamo sto termine vago) dovrebbe dialogare con gli altri “saperi”, in particolare con quello scientifico (ma forse per mia deformazione persone e per già sovrabbondante deriva “umanistica”) e necessità, disperatamente, di divulgatori che non parlino solo in linguaggio “architettonico”, che non affrontino solo questioni estetico-architettoniche, che non si affidino in maniera assertiva agli slogan, o alle parole d’ordine, che spieghino l’architettura a qualcuno che non sia un architetto,

altrimenti porzioni di città e di territorio, e le questioni architettoniche, rischiano di essere trattati con lo stesso interesse che si ha nell’abbinare il colore delle tende a quello del sofà.

Kristian Fabbri

(Riproduzione riservata. Il materiale contenuto è consultabile e riproducibile a patto di citarne fonte ed autore ed i relativi link)

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Color Cachi

cachiDurante il servizio militare, dopo il giuramento, nell’ultima settimana di un Agosto mite, nell’attesa di andare alle varie destinazioni, alla mia Squadriglia venne dato un compito. Eravamo otto uomini, selezionati, a gaso ma selezionati, ed eravamo, tutti ed otto, ancora vestiti con la maglia, a maniche corte, verde ed i pantaloncini corti, color Cachi.

I pantaloncini color cachi non fanno parte della divisa estiva dell’esercito, e nemmeno di quella invernale, ma, a causa di un errore nella fornitura, non erano ancora arrivate le divise estive, e dato che, per le condizioni metereologiche di agosto, non era possibile utiilizzare le divise invernali – era fresco e ventilato, ma non così fresco – il Comando decise di ordinare seicento pantaloncini corti color Cachi. O forse li avevano già in magazzino.

Seicento ragazzi vestiti in calzoni corti color Cachi, davano, all’occhio, una ambientazione coloniale, una piccola copia dell’Etiopia, degli anni trenta, con i militari in attesa di esser richiamati in patria. L’odore di benzene che arrivava dalla raffineria, poco distante dalla caserma, aumentava la sensazione di essere in una parte del mondo, e del tempo, dimenticato.
Era una giornata ventosa, ed i nostri capelli non ne risentivano particolarmente.
Il compito assegnatoci era semplice, nell’ottica di garantire alla Caserma ed alla piazza d’armi, ordine e disciplina, dovevamo spazzare le foglie cadute sul piazzale d’armi. Raccogliele e buttarle.
A fine agosto, gli alberi che decoravano la caserma, dei castagni, avevano pensato di anticipare la caduta delle foglie, e così il piazzale era invaso da queste foglie marrone chiaro, un colore talmente simile al color Cachi dei pantaloncini, da far sembrare una scelta ponderata, quella degli Alberi di far cadere le foglie, come se nno ci volessere far sentire soli, gli unici in quell’orizzonte bianco sporco tra l’intonaco dei muri e lo sterrato della piazza.

Il vento continuava a spostare le foglie da una parte all’altra della piazza d’armi.

Ci vennero affidate la armi: scope in saggina, con le quali dovevamo raccogliere in mucchi le foglie, per poi inserirle nei sacchi neri.
Nel bianco sporco dello sterrato della piazza, si distinguevano macchie color Cachi,  verde e marrone chiaro, in movimento, gruppi di foglie seguite da uomini, metà verdi, metà beige, con delle scope in mano e dei sacchi neri, usati come retini da farfalle giganti, che si stagliavano come toghe nere di preti nella neve.

Il vento continuava a spostare le foglie da una parte all’altra. E noi dietro. Da un’altra ad una parte. E noi dietro.

Il tutto era ridicolo, questi otto uomini, che poi erano otto ragazzi, in pantaloncini corti, a sottolineare il fatto di essere ragazzi, con una scopa di saggina in mano, come un’arma giocattolo, che inseguivano foglie trasportate dal vento, una immagine anche poetica, con l’unico obiettivo di riunirle in un mucchio ed inserirle in un sacco nero.

Ed il vento continuava a spostare le foglie da una parte all’altra della piazza.

Ogni nostra strategia per combattere il nemico fogliante non riscoteva nessun successo. Non saremmo mai riusciti a fare ordine, forse riuscimmo a raccogliere un sacco di foglie, nel senso di un sacco solo, non di tante foglie.
In quel momento non pensavo che l’immagine di questi otto uomini, che lottavano contro il vento, la natura, solo per obbedire ad un ordine, – un ordine dato solo per impiegare il tempo, per ingannare l’attesa – , non avrei mai pensato di quanto, nella vita, nella quotidianità, avrei svolto attività altrettanto vane e ridicole, di quanto l’esercito sia riuscito ad esercitarmi – in maniera formativa e profetica – in tali, inutili, attività.

Kristian Fabbri
(Riproduzione riservata. Il materiale contenuto è consultabile e riproducibile a patto di citarne fonte ed autore ed i relativi link)

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