“Building don’t use energy: people do”

BACSIn questo post riporto (tradotto da me) estratti dell’articolo “Building don’t use energy: people do” di Kathryn B.Janda (Environmental Change Institute, Oxford university) pubblicato su Architectural Science Review 54:1 del 2011.

[tra parentesi quadre il mio “raccordo e commento”] 
Nel leggere la letteratura scientifica è raro trovarsi di fronte ad un titolo efficace come questo: Gli edifici non usano l’energia: le persone la usano! ed in effetti è così, l’human behaviour il comportamento (e l’educazione) degli utenti ha un ruolo fondamentale sui consumi energetici degli edifici. La difficoltà consiste proprio nello studiare e misurare l’aspetto “sociale-comportamentale” degli usi energetici.

Nel paragrafo “Use and misure of buildings” riporta:

Come le persone scelgono di usare gli edifici ? Vi sono un’ampia gamma di teorie su come gli individui decidono di utilizzare le proprie case. Alcune di queste teorie sono basate su un “information deficit model”. Altri studi assumono che le abitudine, pratiche e norme, sono la combinazione di aspetti sociale e fattori culturali non facilmente individuabili. Nella sfera della politica e della comunità dei ricercatori in ambito energetico  il modello dominane è l’ “information deficit model”. La consapevolezza e l’educazione son i principali strumenti per dominare il deficit di informazione e correggere le abitudine degli abitanti. (…) In molte abitazioni, tentare di comprendere gli usi energetici in modo adeguato è come se si facesse shopping in un negozio di alimentari, senza conoscere i prezzi di ciascun prodotto e ricevendo il conto solo alla fine del mese. In assenza di informazioni specifiche, i residenti che chiedono di ridurre i propri consumi fanno fatica a valutare i costi ed i benefici delle proprie azioni. Le ricerche svolte in differenti contesti, da 25 anni a questa parte, evidenziano che se si fornisce un feedback sugli usi energetici che riduca il gap di informazione sia ha una riduzione dei consumi.

Il risparmio può andare dal 5-15 % nel caso di feedback diretto a 0-10 % nel caso di feedback indiretto.

(…) Sebbene il feedback approccio sia utile, esistono altri fattori che influenzano l’uso di energia negli edifici. [L’approccio proposto] suggerisce che le abitudini degli usi energetici delle persone sono di tipo “idiosincratico” piuttosto che ragionevole e prevedibile. (…)

Un altro importante pezzo del puzzle per comprendere gli usi energetici è il basso livello di conoscenza esistente riguardo le questioni energetiche. Il “information deficit model” ritiene che le persone sono cognitivamente preparate a partecipare nelle decisioni energetiche.

[nel paragrafo successivo evidenza che è importante migliorare il feedback degli utenti, ma al tempo stesso è necessario aumentare la comprensione pubblica dell’ambiente costruito, l’educazione riguardo alle prestazioni energetiche degli edifici ovvero l’educazione attraverso energy meters (contatori) e monitors. In sintesi considerare gli edifici come strumento pedagogico]

Building as Pedagogy

L’educazione dovrebbe partire a scuola. Nonostante pochi studenti diventino progettisti professionisti, tutti gli studenti usano gli edifici e continueranno a farlo fino a che vivono. (…) David Orr, per esempio, usa la frase “architettura come pedagogia” per descrivere la convinzione che si deve insegnare a partire dagli edifici (from building)e non solo negli edifici (all’interno di essi). [Nella situazione attuale] la popolazione tende a considerare gli edifici come un oggetto statico piuttosto che come un sistema dinamico.

(…) La storica dell’architettura USA Sarah Goldhagen suggerisce che la qualità degli edifici USA potrebbe essere migliorata se nelle scuole secondarie si insegnasse architettura piuttosto che le classi d’arte. [almeno io l’ho capita così, già il fatto che si insegni arte è positivo]. La proposta di Goldhagen ha come obiettivo quello di aumentare la comprensione della qualità estetica dell’architettura, ma iil punto è che gli studenti hanno anche molto da imparare sulla buona costruzione del’ambiente costruito

[è come se in italia si insegnasse il paesaggio o la lettura del territorio]
[il paesaggio non la retorica difesa dell’art.9 della Costituzione, passeggiare nella città e leggere il territorio, appropriarsene averne cura e non solo deportare gli studenti in gite scolastiche all’interno dei musei]
[se non si conosce il proprio territorio come si può averne cura ? ]

L’architetto Robert Kobet suggerisce che nelle scuole secondarie le dotazioni ed attrezzature possono essere progettate in funzione di una estensione del curriculum (scolastico). Per esempio i dispositivi di schermatura (tende, aggetti e simili) possono dimostrare la geometria del sole (del percorso solare) e potrebbero contribuire a stimolare l’insegnamento della matematica, della fisica e delle altre scienze.

[fine articolo]

Kristian Fabbri.  

(Riproduzione riservata. Il materiale contenuto è consultabile e riproducibile a patto di citarne fonte ed autore ed i relativi link)

Share with:


Questa voce è stata pubblicata in Architecture. Contrassegna il permalink.